Chi è il matto, il folle, il pazzo, il deviante? Cosa è la normalità?


Sono domande che ognuno di noi si pone, sia per curiosità, sia per capire i limiti del “concesso”, ma in fondo ce le domandiamo perché il tema della Follia, del disagio psichico è sempre stato un mondo isolato, stigmatizzato, messo da parte per paura: ma di cosa? Paura di affrontare l’incerto, l’imprevisto; forse paura di capirsi e uscire dalle “righe della normalità” e ritrovarsi così immersi in una realtà tutta nuova che non vogliamo accettare, in quanto ci crea “confusione”, ma vogliamo solo affacciarci per poter spiare cosa possa significare essere “Matti” .

In latino “folle” significa “sacco, palla”, cioè contenitore, e quindi per deduzione “testa vuota”. Ma è proprio vuota la testa di una persona “folle”? è proprio assente la mente? Il fatto stesso che un sacco/palla sia pieno di sola aria già racchiude qualcosa, un qualcosa che comunque ha a che fare con la “psiche”. A ben vedere, la mente del “matto” non è un semplice sacco vuoto: ma un segno di vita, di psiche, esiste sempre. La testa del folle è “piena”, come qualunque altra testa che noi chiamiamo “normali”, piena di significati che possono essere necessari per la propria sopravvivenza.

La società ha definito “pazzia” qualsiasi cosa irrazionale, inconcepibile, per cui il pazzo è stigmatizzato come una persona bizzarra, senza ragione; non solo: anche irrequieto, capace di far danno e di essere pericolosa, per cui il matto per la collettività è riconducibile ad uno stato di “confusione”, visto come un essere/persona “non-normale”.

Ma chi decide i limiti della normalità? In ogni società, il “normale” è chi segue le regole sociali, chi adotta un atteggiamento conformista nei confronti dei codici di comportamento che il sistema sociale offre e impone, dunque si conforma alle regole dominanti. Ogni individuo si costruisce un ruolo e un’immagine di sè che non devono uscire da certi limiti, e devono essere funzionali ai valori sociali dominanti. Siamo continuamente spinti ad essere normali, in quanto la normalità, secondo il modello proposto da questo contesto sociale, è un modello a cui è “giusto conformarsi”.

Ciò che è considerato “da pazzi”, deviante, varia nel tempo, nelle culture, nella categoria sociale. Come le norme sono accettate, anche un comportamento è ritenuto deviante sulla base della volontà e del potere della classe dominante, che tende ad imporre all’intera società i modelli di comportamento che sono accettabili e quelli che invece non lo sono. molte società, infatti, approvano comportamenti che noi invece definiamo anormali, basti pensare agli sciamani che credono fermamente di poter curare i malati con rituali e formule magiche, o ai visionari.

In una società come la nostra, esistono talmente tante norme che chiunque ne ha violata almeno una, ad esempio:: è da “pazzi” passare con il semaforo rosso. Ma non tutti vengono puniti per i loro sporadici comportamenti “devianti”. Solo alcuni diventano i devianti “ufficiali”, e riconosciuti dalla società come modelli da non imitare.

Una delle citazioni più celebri di Pirandello è: “La pazzia è una forma di normalità”, in quanto tutti in un modo o nell’altro siamo folli, chi più e chi meno. Ogni individuo nella società porta una maschera che lo obbliga a recitare sempre la stessa parte imposta dall’esterno sulla base delle convenzioni sociali. E l’unico modo per evitare l’isolamento è il mantenimento della maschera, altrimenti si viene allontanati, rifiutati, perché gli altri pensano che la diversità di comportamento sia dovuta ad una forma di follia della persona. Il concetto di normalità, non dovrebbe intendersi più come “seguire le norme”, ma bisognerebbe sostenere che “normale” è ciò che da ciascuno viene fatto seguendo i propri intimi bisogni.

Tuttavia la follia è sempre alle porte e ciascuno di noi combatte tutta la vita per non scegliere comportamenti che potrebbero essere segni di “confusione”. La normalità non è mai garantita (sempre se questa esista), ma sempre affermata e difesa. L’equilibrio psichico di ciascuno è instabile, ma si regge per una serie di meccanismi interpersonali. L’immagine che una persona ha di sé stesso è in primo luogo un’immagine sociale, che viene avvalorata o meno dagli altri. L’equilibrio personale è equilibrio sociale.

Anche la follia merita i suoi applausi.

 

Alda Merini

FONTE 

Cannalire Francesca 5I Design

Liceo Artistico e Musicale "Foiso Fois" Cagliari 

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